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Le antiche Miniere di Comasine

Qui si cava il ferro

Acqua e ferro: un binomio che in Val di Sole vive nelle straordinarie acque minerali di Rabbi e di Pejo, conosciute e apprezzate in tutta Europa fin dal XVI secolo. Ma il ferro è anche la ricchissima materia prima che per secoli ha garantito alla Val di Sole un formidabile sviluppo economico, specie tra il XIV e il XVI secolo.

In particolare il ferro della Val di Pejo, cavato in diversi luoghi del territorio di Comasine, sulla destra orografica del Noce e specialmente a quote piuttosto alte, tra i 1350 e i 1550 metri della zona di Santa Lucia e del costone di Stavion, fino ai circa 2500 metri della cima del monte Boai. L’attività estrattiva era forse attiva già in epoca protostorica: tuttavia, è solo con il medioevo che alcune evidenze dendrocronologiche attestano un’attività fin dal IX secolo, mentre quelle documentali ci portano al XIII secolo.
Il periodo d’oro dell’industria ferriera di Peio si ebbe con il Trecento, quando furono le famiglie della nobiltà anaune a esercitare l’egemonia, poi allargata ai Caldes, ai Federici, infine ai Thun, monopolisti di questa industria nel corso del Cinquecento. Il business minerario favorì fin dal medioevo una intensissima immigrazione lombarda, fatta di minatori e maestri nell’uso del forno fusorio. Il celebre medico e geografo Pietro Andrea Mattioli, nel descrivere nel 1527 circa cartograficamente la Val di Peio, proprio in corrispondenza di Comasine pose la nota: “Qui si cava di ferro”.
All’attività mineraria si collegava quella, intensissima, di disboscamento allo scopo di produrre carbone di legna, il combustibile degli altoforni: un quadro che ci fa immaginare un Val di Sole ben diversa da quella che vediamo oggi. Di quell’antica grandezza rimangono alcuni tratti di galleria, difficilmente agibili, la splendida chiesa di Santa Lucia, patrona dei minatori, racconti e leggende popolari.

 
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